domenica 23 dicembre 2007

Il brodo primordiale - Ciambelle e buchi

Le mani, tagliate a dare nel freddo, non trovano posto in tasca; penzolano di attesa e cammino. Un clackson richiama e mi spinge fuori dalla zona di sosta. Non vedo le righe, ma d’istinto lascio il passo all’auto che lentamente si avvia e, solcando il tappeto di neve, mi accompagna parallela per un poco, perdendosi più in là dietro un angolo.

Spostavo casse di merce giù al porto e dominavo la fatica masticando tabacco. Onesto mi frenavo e scambiavo poche parole con i colleghi, intenti ad organizzare traffici e invisibili sottrazioni, nel labirinto di pallets e muletti. Il vapore del legno esposto al gelo li copriva d’inverno e tutta la banchina sembrava una sauna, ingombra di ostacoli e nascondigli. Uomini abituati a navigare e a restare a galla i miei colleghi, uomini che restano. Io mi sfinivo di silenzio e fatica, temprando il corpo e aspettando.

Ora cammino in pausa alla volta del cibo. Le insegne, indecifrabili dall’attracco, sfoggiano, per chi passa vicino, colori sgargianti e luci.

Tavola calda.
Entrai e venni investito dell’odore riscaldato dei cibi in attesa. Come me. Scelsi un tavolo lungo il passaggio di fronte al bancone, poco oltre l’ingresso. I pochi avventori sorbivano bevande e panini in fretta, parlando. Alla mia destra, in un angolo, una anziana signora coperta di feltri e lane pesanti sorbiva cucchiai in silenzio. Il vapore le carezzava il volto segnato dai giorni di freddo e dilatava i pori a sentire. Tranquilla continuava a raccogliere e non si guardava intorno, passiva al vociare e alla porta cigolante che la separava dall’inverno.
“Cosa desidera?”
La cameriera mi guardava dritta e aveva già portato la matita alla lista.
“Quello che sta mangiando la signora là nell’angolo.”
“Un brodo di carne?”
Feci un cenno affermativo e continuai a guardare il movimento regolare del cucchiaio. La tazza bollente arrivò sul tavolo in una frazione e fui investito dal caldo che già mi tempestava di riccioli e fili.
Un calcio infranse la porta.
“Fermi tutti!”
“I soldi sul tavolo!”
Le pistole spazzavano l’aria, guidando muscoli e tatuaggi. Una mi passò a fianco e decisi che era giunto il momento. La afferrai e provai con le torsioni; in genere la carne si piega specie se incrudita dal gelo.

Un colpo spezza silenzio e muta preghiera. La lana sulla fronte dell’amica del brodo si tinge di rosso e il capo ricade all’indietro, nel nero. La grandinata di piombo a venire mi leva in un lampo dall’inferno che ormai mi prende coi suoi giochi di vapore.

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